«La sala macchine è inondata fino alle caldaie».

Poco prima delle due di mattina del 15 aprile 1922 il transatlantico Carpathia ricevette questo messaggio radio. Proveniva dal Titanic e fu una delle ultime trasmissioni emesse da quell’immensa città galleggiante prima che fosse inghiottita dalle gelide acque dell’Atlantico del nord, dopo essersi scontrata contro un iceberg. Il Carpathia si trovava a 53 miglia dal Titanic, corrispondenti a una novantina di chilometri, ma era circondato da blocchi di ghiaccio e riuscì a raggiungere le scialuppe su cui si trovavano i naufraghi solo due ore dopo. L’equipaggio trasse in salvo circa settecento persone, e quando la missione di salvataggio ebbe fine, a bordo fu celebrato un breve funerale in memoria delle vittime prima di ripartire alla volta di New York. In quello che fu il peggiore incidente della storia marina transatlantica morirono più di 1.500 persone; ma nella morte, come nella vita, ci sono classi. In questo caso, letteralmente. Dei passeggeri della prima classe sopravvissero tutte le donne e meno di un terzo degli uomini; tra quelli della terza classe persero la vita la metà delle donne e sei uomini su sette. Riguardo ai bambini, sopravvissero tutti quelli che viaggiavano con i passeggeri più abbienti della nave; tra i più umili ne morirono due ogni tre. Questa fu l’altra dimensione della tragedia. Non è strano che il quotidiano socialista inglese Daily Herald publicasse un editoriale al vetriolo dal titolo “Slaughter of the Steerage” (Massacro in terza classe), nel quale l’autore si chiedeva: «I passeggeri di terza classe furono trattati come animali selvaggi che bisognava mantenere sottocoperta?». Così furono ritratti in Titanic, il film premio Oscar del 1997. Ma la verità su quanto successe quella notte si è inabissata assieme alla nave «inaffondabile».

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